Oggi cercheremo di fare un pò di chiarezza su tutto ciò che riguarda l’indennità di trasferta, la normativa che la disciplina ed i relativi sgravi fiscali riguardanti sia il datore di lavoro che il lavoratore.
Che cosa si intende per trasferta?
Cerchiamo di essere il più chiari possibile: per trasferta si intende la modifica temporanea del luogo dove il lavoratore è tenuto a prestare servizio; nel 2003 la Cassazione ha definito la temporaneità caratteristica indispensabile per definire le trasferte di lavoro.
In pratica, con le trasferte, il datore di lavoro fa fronte ad esigenze transitorie che lo costringono a trasferire provvisoriamente uno o più lavoratori dalla sede abituale in un altro luogo, non previsto dal contratto.
La durata della trasferte può essere più o meno lunga, a seconda delle esigenze del datore di lavoro, ed il Ministero ha affrontato il problema della durata massima della trasferta, stabilendo che:
- La missione continuativa, in una stesa località, non può mai superare i 240 giorni.
- La missione continuativa viene meno a seguito di un periodo di interruzione superiore ai 60 giorni.
Precisazioni importanti
Fate attenzione a tenere sempre presente questi dettagli:
- colui che è inviato saltuariamente in trasferta non va confuso col cosiddetto “trasfertista”, che è un lavoratore obbligato a svolgere le sue mansioni in luoghi sempre diversi;
- lo spostamento non ha mai carattere definitivo, altrimenti in questo caso si tratterebbe di vero e proprio trasferimento;
- le interruzioni dovute a motivi non di servizio non si calcolano ai fini della durata della missione;
- questa disciplina non è applicabile per i dipendenti del settore privato, per i quali le durate delle trasferte possono essere più lunghe, per venire incontro a svariate esigenze.
Un’ultima precisazione: l’istituto della trasferta non è da confondere con quello del distacco, che si verifica quando il datore di lavoro colloca il lavoratore presso un altro datore di lavoro, sempre per un periodo limitato nel tempo, affinché fornisca le proprie prestazioni lavorative a quest’ultimo.
Ma vediamo ora a cosa ha diritto un lavoratore in trasferta.
Indennità di trasferta: cosa è e come si calcola.
Al lavoratore in trasferta viene riconosciuta un’indennità di trasferta (detta anche diaria) in aggiunta o in alternativa al rimborso delle spese da lui sostenute durante lo svolgimento del lavoro nella nuova sede.
L’indennità di trasferta viene corrisposta per risarcire il disagio causato al lavoratore e per rimborsargli le spese concrete che quest’ultimo è costretto ad affrontare. Il suo importo solitamente è stabilito dai contratti collettivi e può essere fisso o stabilito in base ad una percentuale sulla retribuzione giornaliera.
L’indennità di trasferta deve essere obbligatoriamente corrisposta per tutte le giornate di durata della missione, comprese:
- Festività
- Domeniche
- Giornate di assenza per malattia
L’indennità di trasferta non è prevista in caso di:
- Permessi non restribuiti
- Assenze ingiustificate
Indennità di trasferta: esenzioni contributive e fiscali.
Cominciamo con un’importantissima premessa: per godere delle esenzioni fiscali, la trasferta deve riguardare una sede posta al di fuori del comune dove è sita l’abituale sede di lavoro.
Se la trasferta risponde a questi requisiti, la cifra giornaliera corrisposta come indennità è esente da imposizione fiscale e contributiva, con limiti diversi, a seconda che il periodo di lavoro si svolga in Italia o all’estero:
- Trasferta in Italia: fino a 46,48 euro al giorno.
- Trasferta all’estero: fino a 77,47 euro al giorno.
Il discorso cambia quando, insieme all’indennità di trasferta, viene riconosciuto anche il rimborso delle spese di vitto e alloggio, ed il tetto di quota erogata per indennità di trasferta esente da imposte scende a:
- 30,99 euro per le traferte in Italia
- 51, 65 euro per le trasferte all’estero
Le cifre erogate per rimborsare vitto e alloggio sono invece completamente esenti da tassazione.
Se invece, insieme all’indennità di trasferta viene riconosciuto il rimborso totale a piè di lista di tutte le spese sostenute dal lavoratore, la cifre esenti da tassazione scendono ulteriormente:
- Trasferta in Italia: 15,49 euro.
- Trasferta all’estero: 25,82 euro.
I rimborsi a piè di lista sono invece completamente esenti da oneri fiscali e contributivi.
Un discorso a parte va fatto per i cosiddetti “trasfertisti” ossia coloro che sono praticamente sempre in trasferta e non hanno una vera e propria sede di lavoro: in questo caso le somme che percepiscono come indennità sono imponibili al 50% del loro ammontare per anno di imposta.
Ovviamente, per usufruire di questo speciale trattamento fiscale, tutte le spese per le indennità di trasferta devono essere precisamente documentate, con fatture e scontrini o estratto conto della carta di credito aziendale data al dipendente, pena l’indeducibilità di queste ultime.
Il rispetto di questi accorgimenti permetterà la deducibilità IRES per l’impresa e la non imponibilità ai fini IRPEF nella busta paga del dipendente delle somme corrisposte come indennità di trasferta.
Questa che abbiamo visto insieme è la normativa che regola la somministrazione dell’indennità di trasferta al lavoratore e gli sgravi fiscali e contributivi rivolti a quest’ultimo e all’azienda che ne dispone la trasferta. Per eventuali dubbi o domande, i professionisti dello Studio Tozza sono a disposizione!