Partiamo da un presupposto: con Jobs Act si intende la riforma del diritto del lavoro attuata dal governo Renzi, attraverso una serie di provvedimenti di legge varati fra il 2014 ed il 2015. Molte cose sono cambiate in merito alle tipologie di contratti e di assunzioni, in modo da venire incontro alle esigenze sia delle aziende che dei lavoratori. Vediamo quali.
Jobs Act: cosa cambia per lavoratori e datori di lavoro.
Le varie novità introdotte nel mercato del lavoro mirano a far diventare il contratto a tempo indeterminato il più comune in Italia, soprattutto attraverso gli incentivi e le agevolazioni per le imprese, riconfermati con la Legge di Stabilità 2016. La riforma ha inoltre eliminato alcune forme contrattuali, che in passato hanno contribuito a creare il diffuso precariato in Italia.
Ecco alcuni aspetti fondamentali del lavoro dipendente toccati dal Jobs Act :
- La Decontribuzione, per una soglia massima di 3.250 euro, che durerà 24 mesi e sarà applicabile per le assunzioni di lavoratori che non hanno avuto contratti a tempo indeterminato nei 6 mesi precedenti.
- Riconferma del taglio del 50% dei contributi INPS e INAIL a carico del datore di lavoro per un massimo di 12 mesi per le assunzioni a tempo determinato, e di 18 mesi per quelle a tempo indeterminato, qualora quest’ultimo assuma lavoratori con più di 50 anni di età e disoccupati da almeno 12 mesi.
- Incentivi a disposizione di chi assume lavoratori di sesso femminile senza un impiego da almeno 6 mesi e li impiega per mansioni rientranti nelle categorie con elevato tasso di disparità fra sessi e per chi assume lavoratrici senza impiego da almeno 24 mesi.
- Decontribuzione pari all’ 11,61% per tutta la durate del periodo di lavoro, per le aziende che stipulano contratti di apprendistato,
Inoltre, ai datori di lavoro che assumono a tempo indeterminato lavoratori che usufruiscono del sussidio di disoccupazione NASPI, verrà versato, per ogni mese di retribuzione, un contributo pari al 50% dell’indennità che sarebbe stata erogata alla risorsa qualora fosse rimasta disoccupata.
Jobs Act: Quali contratti spariscono e cosa cambia in quelli che restano?
Veniamo ora alle varie tipologie di contratto che, in seguito al Jobs Act, hanno a disposizione le imprese ed i privati per regolarizzare i rapporti di lavoro.
Contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti.
In pratica è la nuova forma di contratto a tempo indeterminato, introdotta dal Governo a partire dalle assunzioni del 7 Marzo 2015.
Per i datori di lavoro è previsto un esonero contributivo della durata di 24 mesi, per un importo massimo di 3.250 euro l’anno. Sono state introdotte anche semplificazioni nei casi di cessazione del rapporto di lavoro, come:
- Indennità di licenziamento legata agli anni di servizio e
- Offerta di conciliazione facoltativa da parte del datore di lavoro.
Il tutto volto a tutelare i lavoratori in caso di licenziamenti illegittimi, togliendo ogni discrezionalità al giudice e prevedendo un risarcimento crescente in ragione dell’anzianità di servizio.
La nuova normativa prevede anche che il lavoratore possa essere assegnato a qualsiasi mansione del livello di inquadramento, ovviamente all’interno della stessa categoria lavorativa. In pratica il lavoratore può essere assegnato a mansioni di lavoro non necessariamente equivalenti alla sua professionalità, ma anche a mansioni inferiori, purché mantenga lo stesso stipendio (demansionamento). Diventa anche legale l’accordo tra datore di lavoro e lavoratore che preveda l’abbassamento di livello e retribuzione al fine di evitare il licenziamento.
Contratto di lavoro a tempo determinato.
Questa tipologia di contratto non ha subito modifiche sostanziali. Col Jobs Act 2016 è stato ribadito che deve avere una durata non superiore ai 36 mesi, quindi può essere prorogato (col consenso del lavoratore) solo quando la sua durata iniziale è inferiore ai 36 mesi, e per un massimo di 5 volte nell’arco dei 36 mesi. Qualora il numero delle proroghe dovesse risultare superiore, dalla data di decorrenza della sesta proroga, il contratto si trasforma in indeterminato. Salvo alcune eccezioni, il numero degli assunti a tempo determinato non può superare il 20% di quelli assunti a tempo indeterminato.
Discorso a parte va fatto per i datori di lavoro che occupano fino ad un massimo di 5 dipendenti, per i quali è sempre possibile stipulare contratti a tempo determinato.
Una novità introdotta in questo tipo di contratto dal Jobs Act è l’eliminazione dell’obbligo da parte del datore di lavoro di indicarne la causale (il motivo che giustifica l’utilizzo di questo tipo di contratto), con conseguente semplificazione della procedura. La nuova denominazione di questo contratto è infatti “contratto a termine acausale”.
Contratto di somministrazione di lavoro.
Prende questo nome il vecchio contratto interinale, del quale il Jobs Act ha esteso il campo di applicazione, eliminando l’obbligo di causale come per il contratto a tempo determinato, e fissandone un limite di utilizzo percentuale simile a quello di quest’ultimo.
Il lavoro somministrato prevede la stipula di due contratti:
- Uno tra l’impresa che utilizza il lavoratore e l’agenzia interinale.
- L’altro tra il lavoratore e l’agenzia interinale.
La sua durata massima è di 36 mesi ed i rinnovi non possono essere superiori a 6, termine dopo il quale diventa a tempo indeterminato.
Contratto di lavoro intermittente.
Attraverso questo tipo di contratto, detto anche contratto di lavoro “a chiamata”, il lavoratore si mette a disposizione di un datore di lavoro, che può utilizzare in modo discontinuo le sue prestazioni, ovviamente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi.
Le prestazioni possono essere svolte in periodi predeterminati, nell’arco dell’anno, del mese o della settimana. La comunicazione preventiva obbligatoria della durata della prestazione può essere data alla direzione territoriale del lavoro competente attraverso posta elettronica o sms (questa è una novità introdotta dal Jobs Act). Questo tipo di contratto può essere stipulato con soggetti:
- Al di sotto dei 24 anni di età.
- Sopra i 55 anni di età.
Questo tipo di rapporto di lavoro è ammesso per un periodo massimo di 400 giorni di lavoro effettivo nell’arco di tre anni solari, dopo il quale si trasforma in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Contratto di lavoro accessorio.
Per lavoro accessorio si intende quello pagato con i Voucher INPS, i cosiddetti “buoni lavoro”, e per il quale il Jobs Act ha elevato il limite di reddito annuo dai 5.060 euro a 7.000 euro.
Per i redditi entro i 3.000 euro è stata inoltre estesa la possibilità di svolgere queste prestazioni a tutti coloro che percepiscono prestazioni integrative o di sostegno del reddito. I voucher dovranno essere obbligatoriamente acquistati ed attivati in modalità telematica, indicando il codice fiscale di lavoratore e committente, ed il luogo di svolgimento della prestazione, così da renderli tracciabili ed evitarne un uso improprio.
Contratto di apprendistato.
Forma di contratto a tempo indeterminato rivolto ai giovani che studiano e contemporaneamente hanno l’esigenza di lavorare formandosi una professionalità. Il Jobs Act ha introdotto alcune sostanziali modifiche come:
- Obbligo per i datori di lavoro con almeno 50 dipendenti di assumere un numero di apprendisti pari almeno al 20%.
- Obbligo (in caso di apprendistato professionalizzante) per il datore di lavoro di fornire all’apprendista sia la formazione professionalizzante che quella pubblica.
- Obbligo, per quanto riguarda l’apprendistato per la qualifica ed il diploma professionale, del datore di lavoro di corrispondere all’apprendista una retribuzione basata sul CCNL di riferimento e che deve tener conto sia delle ore effettivamente lavorate, che di quelle di formazione (devono essere retribuite almeno il 35% delle ore di formazione).
E’ stato anche introdotto in via sperimentale un contratto di apprendistato per studenti di scuola superiore, che può essere stipulato in droga ai limiti di età.
Contratto di lavoro Part-time.
Questo contratto si caratterizza per un determinato regime di orario che è a tempo parziale invece che pieno. Le novità riguardano la sua flessibilità e l’elasticità delle norme che lo caratterizzano.
Chi è assunto part time può effettuare lavoro straordinario, per i quali sono stati stabili alcuni limiti e modalità con cui il datore di lavoro può chiederne lo svolgimento:
- Il lavoro supplementare (per il quale spetta una maggiorazione del 15% rispetto alla normale retribuzione) non può essere superiore al 25% dell’orario settimanale concordato.
- Le parti possono pattuire clausole elastiche per quanto riguarda la collocazione temporale della prestazione, sempre nel rispetto dei contratti collettivi.
Viene inoltre ammessa la possibilità di richiedere il part time per particolari esigenze, legate a malattie gravi o congedi parentali.
Contratto a progetto.
Questi contratti non possono più essere attivati dal 25 giungo 2015 e quelli in essere proseguiranno fino alla loro scadenza.
Con l’intento di attuare un processo di stabilizzazione dei collaboratori che hanno lavorato per l’impresa, alla scadenza del contratto a progetto, l’azienda dovrà obbligatoriamente orientarsi su un contratto di lavoro subordinato, se interessata a mantenere in essere il rapporto di lavoro con la risorsa.
Unica eccezione sarà fatta per le collaborazioni a progetto regolamentate da accordi collettivi, che prevedono discipline specifiche relative a particolari esigenze produttive ed organizzative di un relativo settore lavorativo.
Questa è la situazione dei contratti di lavoro ad oggi, e per qualunque chiarimento o consulenza, i professionisti dello Studio Tozza sono a vostra disposizione.