Oggi tratteremo la spinosa questione della riduzione dell’orario di lavoro, che interessa una fascia non indifferente di lavoratori dipendenti e che è spesso causa di dibattiti in sede legale. Lungi dal voler esaurire l’argomento, cercheremo di fare un po’ di chiarezza sulla normativa che regola questo istituto.
Cosa si intende per riduzione dell’orario di lavoro?
L’istituto della riduzione dell’orario di lavoro trova una sempre più larga applicazione e la trasformazione del lavoro da tempo pieno a lavoro part-time, volta a fronteggiare varie difficoltà economico organizzative che possono colpire le imprese, sta diventando sempre più una realt.
Non di rado può capitare che il datore di lavoro proponga ai propri dipendenti una riduzione di orario per far fronte a problemi di natura organizzativa e produttiva dell’azienda: il passaggio dal lavoro a tempo pieno a quello parziale è comunque regolato da tutta una serie di norme che garantiscono il lavoratore dal subire passivamente questa riduzione come un’imposizione.
Il lavoratore tutelato da più fronti:
- La trasformazione dell’orario di lavoro (sia essa aumento o diminuzione) deve essere il frutto di una scelta condivisa fra le parti, non può essere in alcun modo imposta dal datore di lavoro.
- L’accordo deve obbligatoriamente essere messo per iscritto (anche se non è più in vigore l’obbligo di farlo ratificare alla Direzione Provinciale del Lavoro).
- In caso il datore di lavoro abbia bisogno di nuove assunzioni per svolgere le stesse mansioni del lavoratore passato al part-time, quest’ultimo ha diritto di precedenza sui possibili nuovi assunti.
- La normativa prevede inoltre che, qualora il dipendente non accettasse la riduzione dell’orario di lavoro, il suo rifiuto non potrà essere considerato un giustificato motivo di licenziamento.
Ma esistono dei casi in cui il lavoratore è obbligato ad accettare la riduzione dell’orario? Lo vedremo subito.
Riduzione orario di lavoro: quando è lecito imporla?
Il dipendente che non accetta la riduzione dell’orario di lavoro potrà essere licenziato solamente qualora sussistano effettive difficoltà inerenti all’attività produttiva ed alla organizzazione dell’azienda: in poche parole, se esiste un giustificato motivo oggettivo per il cambiamento di orario , il dipendente che non accettasse potrà essere licenziato in maniera legittima.
Più che una sgradita imposizione ai dipendenti, la riduzione dell’orario di lavoro per giustificato motivo è a tutti gli effetti una tutela, in quanto le aziende che navigano in cattive acque, prima di licenziare i propri lavoratori, hanno la possibilità (oltre che il dovere) di ridurne temporaneamente l’orario di lavoro, in attesa di tempi migliori:
- Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo dovrebbe essere inteso come soluzione estrema, solo dopo aver proposto una riduzione dell’orario ai dipendenti.
- Qualora il lavoratore venisse licenziato in maniera illegittima, in quanto infondato il motivo addotto per la riduzione dell’orario di lavoro, avrà diritto ad essere reintegrato al suo posto.
Esiste però un altro lato della medaglia: il rifiuto della riduzione dell’orario di lavoro in sé non rappresenta un motivo oggettivo di licenziamento, ma il dipendente potrà rifiutarsi di passare al part-time solo nel caso in cui la proposta del datore sia effettivamente pretestuosa, altrimenti quest’ultimo avrà il pieno diritto di licenziarlo.
La questione non è semplicissima, e la linea di separazione fra licenziamento lecito ed illecito è davvero labile: per eventuali chiarimenti potrete rivolgervi al nostro Staff, che risponderò alle vostre domande.